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Ora che esisti
Ora che sei evidente

Una persona nuova

E galleggi nel mare della vita
E il mio ruolo è di tenere la mano sotto la tua pancia
Finché non saprai farlo da sola

Ricorda
Quando sarai al largo

D’imparare a distinguere i pesci per nome:
Così che dove gli altri vedranno l’omogeneità dell’acqua
Tu vivrai
Viva
La Fiera di Poseidone.

E diffida sempre dei fondali troppo compiacenti
Che invitano all’ancoraggio:
È lì che attentano le meduse più urticanti
le secche più spaesanti.

Impara la fedeltà dal parabordo
Che serve solo la sua nave
E non bada alle torture del molo.

Nella burrasca, non misurare mai l’altezza delle onde
Ché quel che conta non è l’intensità dei marosi
Ma quanto perdura il loro ricordo
nello sguardo di chi li contempla.

E disponiti da subito alla siccità,
Così che ogni giorno di pioggia
Sarà un giorno a cui brindare.

Riconosci poi la tua corrente,
Accettane il conforto sciamanico.
Ma quando la linea della vita sul tuo palmo
Ti apparirà estranea
Non esitare a impugnare il serramanico
Per tracciarne una nuova, mediterranea
– Come già fece Corto, da Malta.

E colleziona i ricordi dell’esistenza
Come fanno i fondali:
Senza catalogarli,
Scevri di rimpianti
Vergini da speranze.

Cerca il criterio che per te più vale
A misurar la vita:
Che sia il peso del pescato
La minimizzazione del rischio sismico
La vicinanza a una fonte potabile.

Sii sempre boa, mai bitta:
Esposta
Libera di seguire le correnti
Memore dell’ingombro salvifico da cui provieni
Salda, fluida, dritta.

Non lasciarti mai delimitare da aggettivi terreni:
Buona, acuta, bella, sconosciuta.
Fatti corteggiare solo da chi ha la pelle d’alghe e licheni
E ancora odora di salmastro.

Conduci la tua vita come il guardiano del faro:
Per quanto in solitudine
Regalando la luce intorno a te.

Osserva e annota le squame del dentice
Battezza i ciottoli di pietra pomice
Salmodia gli incroci taumaturgici delle nasse
Celebra il teatro delle pescherie.

Accogli la vita,
come il porto riceve il mare.

E se mai dovrai farti stretta
Come il canale
Sii sempre l’acqua che unisce,
Mai lo stagno che divide.